La Madonna della differenziata

La Madonna sull’aiuola

È tornata. È lì. Come tutti gli anni. A maggio. Dobbiamo fare attenzione, perché a volte è nel parcheggio, tra un’auto e l’altra, e proprio non te l’aspetti che sia lì. A volte è a fianco di un bidone della differenziata, e ti sembra abbandonata, un rifiuto ingombrante, che la cantina ha impolverato e ingrigito per un anno. Ma oggi era lì, davanti al Lidl. Che se uscivi dal supermercato carico di borse, te la trovavi di fronte. Appesantiti e curvi, viene difficile fare il segno della croce, rischi di perdere a terra dei pezzi, rischi di imprecare, di stringere tra i denti una bestemmia.

Ma lei è una Madonna di strada, non bada alle nostre miserie. La sera le dicono un rosario, le lanciano petali di rose, qualcuno le bacia i piedi. Poi la spostano, 50mt più in là, all’altro ingresso del palazzo. Ogni sera così. E la mattina te la ritrovi vicino ad altri bidoni, ad altre auto, parcheggiata pure lei, nello spazio rettangolare che ha trovato libero (fortunella) la sera prima. In una settimana ha compiuto tutte le sue tappe, il giro completo del condominio, e può tornare da dove è venuta.

Non solo giustizia (vendetta)

Quando gli operatori del settore, centri antiviolenza per primi, lamentano un’insufficiente apparato legislativo di tutela delle vittime, si riferiscono al fatto che la giurisdizione, anche quando aggiunge sanzioni e nuovi reati, difficilmente si occupa di colmare un vuoto culturale e di reti sociali.

Non possiamo non considerare quanto i rapporti uomo-donna siano costruiti da immagini e luoghi comuni che lasciano intatti spazi di violenza inauditi all’interno della famiglia, all’interno delle nostre case.

La famiglia, i rapporti tra coniugi, ovvero tra conviventi, sono qualcosa di inavvicinabile, e quello che succede là dentro è privato, confinato all’isolamento.

Essere soli, in una relazione di coppia violenta, può portare all’autodistruzione e a quella dei figli.

I rapporti educativi scuola-famiglia sono rarefatti al punto da “non accorgersi di nulla”, se non quando il danno è visibile sui corpi, sulle espressioni spente, sulla caduta di ogni confine di rispetto.

Nelle case entrano solo gli schermi televisivi, a produrre un abbacinante bombardamento di scene aggressivo/sessuali, in ogni programma, in ogni canale, ad ogni ora.

C’è da ri-costruire un clima tra i sessi più vivibile.

E’ un compito di tutti, istituzioni (televisioni per prime), amministratori locali, cittadini.

Non so se lo può fare la scolarizzazione, ma si deve promuovere una consapevolezza rispetto alle forme di violenza domestica.

Perché dobbiamo occuparcene solo rispetto alla punizione del reo, al suo allontanamento quando ormai il danno è già grave?

Perché chiediamo solo giustizia e mai una società più responsabile?

Occupiamocene invece nella nostra quotidianità. Perché l’escalation della violenza parte dai più piccoli soprusi, dalla mancanza di rispetto per le differenze non solo di genere, ma di origine, di classe, di religione.

E’ quando stiamo bene che si può fare qualcosa per se stessi e per gli altri, non nell’emergenza di trovare un rifugio (quando lo si trova).